Un altro colpo alla teoria Out Of Africa

Orme fossili di uomo

Giusto qualche articolo fa, su questo stesso sito avevamo dato spazio al dibattito che si era aperto durante il mese di maggio a proposito della teoria che fino ad ora era ritenuta dominante, ovvero che l’uomo abbia mosso i suoi primi passi in Africa per poi diffondersi nel resto del mondo. Quello che da molti era ormai ritenuto un dogma veniva, infatti, screditato da due studi quasi contemporanei che, basandosi su prove concrete, ne avevano dimostrato l’inattendibilità.

Ci ritroviamo oggi a ripercorrere le stesse orme, è proprio il caso di dirlo, e presto scoprirete il perché.

Infatti, se lo studio da noi citato il 10 agosto scorso si basava sullo studio di resti umani rinvenuti in Bulgaria e Grecia, questo di cui vogliamo parlavi oggi prende spunto dal ritrovamento nell’isola di Creta delle impronte fossilizzate di un uomo risalenti addirittura a 5,7 milioni di anni fa, ovvero ad un periodo immediatamente precedente alla crisi salina del Messiniano. Badate bene che quella è un’epoca in cui fino ad ora si riteneva che l’uomo non esistesse ancora e che vi fossero solo degli ominidi stanziati in Africa ma che questi avessero ancora i piedi uguali alle scimmie. Ed è qui che lo studio svolto dallo scienziato Gerard D. Gierlinski dell’Istituto Geologico Polacco di Varsavia, coaudiuvato da un team di esperti in Biologia, Paleontologia, Storia Naturale e Scienze della Terra provenienti da Università sparse ai quattro angoli del pianeta, e pubblicato il 25 luglio sulla rivista Proceedings of the Geologists’ Association, cambia le carte in tavola. In esso si annuncia il rinvenimento di tracce lasciate da un bipede privo di artigli, plantigrado e con cinque dita, oltre che dotato di alluci distintamente più grandi delle altre dita. Le analisi morfometriche hanno dimostrato che le orme trovate in un affioramento naturale sopra la spiaggia vicina al villaggio di Trachilos, ad ovest di Kissamos (conosciuto anche come Kastelli), nella Prefettura di Chania a Creta, hanno caratteristiche diverse dai primati non umani, contraddistinti dall’avere quattro dita e un alluce sporgente verso l’esterno, e assomigliano in modo impressionante a quelle della classe degli ominidi di cui fa parte il moderno homo sapiens, con l’alluce in linea col resto delle dita del piede.

E qui si ripresenta il problema. Ovvero: finora la scienza è stata concorde nel ritenere che l’uomo si sia distinto dagli altri primati in Africa per poi lasciarla e diffondersi su tutto il globo. E ciò sarebbe avvenuto dopo l’evento del Messiniano: in particolare avrebbe riguardato un esemplare riconosciuto come il più giovane candidato ominide, il Sahelanthropus, che occupava i tropici sub Sahariani dopo la prima desertificazione del Messiniano. Ricordiamo, invece, le parole della professoressa Madelaine Böhme, del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Tubinga, che ben si adattano alle recenti scoperte dei suoi colleghi polacchi: “I nostri risultati suggeriscono che la divisione tra uomo e scimmia preceda il Messiniano e che l’ultimo antenato comune tra uomo e scimpanzé abbia prosperato nella regione del Mediterraneo. [… ]. Le nostre conclusioni supportano il fatto che la maggiore diffusione di ominidi del Miocene si sia verificata fuori dall’Africa e sostiene l’ipotesi che la classe degli ominidi sia nata nel Mediterraneo orientale”.

Qualcuno potrebbe obiettare che i geologi polacchi possano aver sbagliato la datazione del sito ma, a conforto delle loro ipotesi, citano la presenza di conglomerati microbici e alghe fossilizzate i quali, congiuntamente alla composizione stratigrafica del terreno, porterebbero a sostenere che “la posizione delle orme immediatamente sottostante il gruppo Hellenikon, che rappresenta la fine dell’evento di dessicazione Messiniana (…), suggerisce che l’orizzonte temporale delle impronte sia il tardo Messiniano”. Gli stessi studiosi affermano che “È interessante notare che l’alluce non divergente e lateralmente allineato delle tracce di Trachilos è assente nello scheletro del piede di Ardipithecus ramidus rinvenuto in Etiopia, che è più di un milione di anni più giovane”. Quasi una sentenza che demolisce, per la terza volta in tre mesi, la teoria “Fuori dall’Africa” (Out Of Africa, OOA).

Lo studio si conclude con una frase molto interessante e molto rispettabile dal punto di vista del metodo scientifico: “Sarebbe desiderabile rinvenire migliori e più numerose tracce fossili ma, contemporaneamente, non si possono ignorare quelle attualmente disponibili e le loro implicazioni potenziali, sebbene queste possano sembrare controverse. Ulteriori ricerche di impronte o ossa fossili risalenti al tardo Miocene nell’area del Mediterraneo orientale potrebbero potenzialmente risolvere l’identità di chi ha lasciato quelle impronte e, quindi, dovrebbero rappresentare una priorità urgente”.

Le scienze dure infliggono dunque un altro colpo alle scienze sociali. Vedremo per quanto tempo ancora dovremmo sentirci dire che la teoria Out of Africa è dominante e che l’homo erectus lasciò l’Africa poco meno di due milioni di anni fa, migrando prima in Asia e poi verso il resto del mondo.

Peraltro, durante la redazione dell’articolo siamo venuti a conoscenza del fatto che, nel mese di settembre, dieci delle orme oggetto di studio sono state maldestramente rimosse dagli scogli di Kissamos. Il colpevole sarebbe un professore di liceo di Salonicco, individuato dalla polizia che ha recuperato i reperti. Non si conosce il motivo del gesto anche se questo non sembrerebbe legato all’intenzione di vendere i pezzi nel mercato della ricettazione di materiali fossili. Il ladro, infatti, avrebbe limato le impronte per renderle più corrispondenti a quelle di un piede umano moderno, rendendole inutilizzabili dal punto di vista scientifico. Potrebbe trattarsi di un goffo tentativo di rovinare uno studio promettente utilizzando un insospettabile insegnante come longa manus di biechi interessi?

(Yoda - 3 novembre 2017)