Cosa o chi ha prodotto i solchi paralleli rinvenuti sulle rocce di Malta, Frigia, Spagna e Sardegna?

I solchi in Turchia

Profondi binari paralleli scavati nella roccia calcarea o vulcanica si incrociano tra di loro più e più volte, tanto da richiamare alla mente gli scambi di una ferrovia. A Malta, l’inglese David Trump li ha denominati “Clapham Junctions” proprio per la loro somiglianza con la stazione londinese. In questo caso, come in Sardegna, le “rotaie” scorrono su piste di roccia calcarea. Anche nell’isola sarda i casi di solchi paralleli scolpiti su roccia sono multipli ma quello più conosciuto ed eclatante è quello della necropoli di Su Crocifissu Mannu, a pochi chilometri da Sassari. Altrove, come nella Valle Frigia in Turchia, o in Spagna, i solchi sono giganteschi ma indelebilmente impressi su roccia vulcanica, induritasi milioni di anni fa.

Ma cosa sono questi solchi? E, soprattutto, chi li avrebbe scavati e utilizzati?

A Malta si ritiene che la roccia calcarea sia piuttosto morbida e che essa perderebbe circa l’80% della sua durezza quando è bagnata. Il Dipartimento di Geografia dell’Università britannica di Portsmouth afferma che in seguito a questa erosione “le ruote dei carri avrebbero camminato direttamente sulla base della roccia, rendendo poi più facile il passaggio ai carri successivi sulle stesse strade”. Il passaggio continuo avrebbe, in seguito, reso i solchi così profondi da renderne impossibile l’uso. Il loro successivo abbandono spiegherebbe il proliferare di corsie che si incrociano nell’isola. Secondo gli archeologi maltesi, gli autori involontari di questi tracciati sarebbero stati i Fenici durante il VII secolo a.C.

Gli archeologi sardi, invece, ritengono che i solchi presenti a Su Crocifissu Mannu siano stati causati dal passaggio ripetuto di carri romani durante i lavori di fondazione di Turris Libisonis, l’attuale Porto Torres, nel I secolo a.C. sebbene, secondo i geologi, il calcare sardo sia più compatto, spesso e resistente rispetto a quello maltese.

In Turchia, il fondo sul quale si sono formati questi solchi si distingue non solo per la tipologia di terreno, roccia lavica tufacea, ma anche per le dimensioni dei binari che si discostano in maniera sostanziale da quelli sardi e maltesi. Sembra, infatti, che i carri con ruote in legno o legno ricoperto di ferro non abbiano percorso queste aree poiché i segni sulla roccia sono, oltre che più profondi, anche molto più larghi, come se fossero stati percorsi da mezzi gommati di dimensioni ciclopiche. Il geologo russo che li ha individuati, Alexander Koltypin, ritiene di trovarsi di fronte a impronte, piuttosto che a solchi. E per spiegarle fa ricorso all’analogia con le orme di dinosauro: infatti esse sono ancora visibili perché questi grandi animali camminarono su terreni morbidi che subirono un immediato indurimento. Pertanto i tracciati frigi, secondo il geologo, risalirebbero al periodo di raffreddamento del materiale vulcanico sul quale sono impressi, ovvero tra 14 e 12 milioni di anni fa. E, a supporto della sua teoria, ha rintracciato siti con caratteristiche molto simili, come quello di Castellar de Meca, in Spagna. Ma, in entrambi i casi, gli archeologi sostengono che le linee parallele scoperte dallo scienziato russo, sebbene larghe circa 26 centimetri, siano state lasciate dalle ruote dei carri di passaggio.

C’è anche chi sostiene che queste tracce siano state causate dai ghiacciai che si ritiravano durante l’ultima glaciazione, chi crede che fossero dei canali di irrigazione e chi è convinto che fossero tracciati per slittini.

Per le zone immediatamente limitrofe al Mediterraneo è evidente che l’argomento relativo ai ghiacciai non trovi fondamento, quantomeno nel periodo Wurmiano. Per quanto riguarda i canali di irrigazione, sarebbe bene chiedersi perché questi popoli dovessero scavarne due paralleli invece che uno di portata maggiore. Per quanto attiene all’argomentazione che parla di slittini e ruote di carro è bene sottolineare che, dove essi sono stati effettivamente utilizzati, come nelle strade romane di Pompei o nella via Appia Antica, le caratteristiche delle impronte siano del tutto diverse, sebbene le ruote in questione fossero addirittura rivestite con una lamina di ferro per garantirne la durata. Inoltre molti dei binari in questione si inerpicano lungo pendii molto ripidi e scoscesi sui quali qualsiasi mezzo carico di materiali, in discesa o in salita, si sarebbe ribaltato facilmente.

Noi non siamo in grado di stabilire quale sia l’ipotesi più corretta ma ci sembra che in alcuni casi, e questo è uno di quelli, le spiegazioni ufficiali siano più difficili da dimostrare e accettare di quelle ufficiose.

(Yoda - 5 luglio 2017)