Non vi è parentela tra i sardi che abitavano l’isola nel decimo millennio a.C. e gli attuali abitanti.

L'elica del DNA

La storia potrebbe essere molto diversa da come ci è stata raccontata. Parecchi libri che fino a poche settimane fa venivano considerati la Bibbia dell’archeologia, e che stabilivano dei dogmi apparentemente intoccabili, stanno per essere riscritti. Il castello di carte è crollato grazie all’approccio multidisciplinare utilizzato da un team di studiosi, tra i quali segnaliamo il professor Carlo Lugliè dell’Università di Cagliari, che hanno dimostrato, dati alla mano, che la ricerca non può e non deve fermarsi nemmeno di fronte ai più autorevoli e accreditati testi.

Facciamo un piccolo passo indietro, necessario per capire come si è arrivati a queste conclusioni.

A causa degli scarsi resti umani pre-Neolitici ritrovati in Sardegna, gli studiosi trovavano molta difficoltà nel comprendere le dinamiche demografiche che avevano interessato l’isola nei periodi più antichi. Una corrente accademica sosteneva che l’isola fosse stata abitata fin dalla fine del Pleistocene Medio (781.000-126.000 anni fa), prendendo come riferimento esclusivo per questa datazione alcuni resti litici, poiché non vi erano resti umani che potessero confermare questa ipotesi. Tracce umane, infatti, emergono solo alla fine del Pleistocene Superiore (126.000-11.700 anni fa), sebbene quei resti fossero stati scoperti al di fuori del loro contesto e datati a 20.000 anni fa solo in base alla stratigrafia. Dopo di che sembra che in Sardegna non vi siano stati abitanti fino all’arrivo degli agricoltori Neolitici che consentirono alla popolazione isolana di accrescersi notevolmente: tale situazione è provata da una rapida crescita dei ritrovamenti di resti umani risalenti proprio a quel periodo. La mancata interazione tra le popolazioni più recenti e quelle preistoriche pare essere confermata anche dalla discontinuità nel processo evolutivo tra sardi mesolitici e sardi neolitici. Al contrario, sembra provata una notevole affinità genetica tra i sardi moderni e quelli del Neolitico.

Lo studio pubblicato su Scientific Reports, una rivista legata a Nature, cerca di chiarire, attraverso lo studio del DNA di resti umani appartenenti a tre individui ritrovati nella grotta di Su Carroppu, nel Sulcis, se questi scenari siano o meno credibili.

Attraverso le analisi al Radiocarbonio è emerso che uno dei tre uomini è vissuto in un periodo vicino al 9.000 a.C., una data del tutto inaspettata per gli studiosi. La sequenza completa del genoma mitocondriale, inoltre, ha mostrato che il medesimo individuo, oltre a rappresentare l’uomo più antico mai vissuto in Sardegna, era portatore di una sequenza genetica mai rilevata in Europa in un periodo così antico. L’aplogruppo I3, infatti, non era mai stato ritrovato prima in resti umani risalenti al Mesolitico e, inoltre, ha una scarsissima affinità con i più recenti marcatori genetici sardi ed europei. Gli scienziati affermano, dunque, che la presenza di «questo aplogruppo in un campione di sole due sequenze potrebbe significare che fosse presente a più alte frequenze nei sardi pre-Neolitici o, in generale, nella popolazione che per prima abitò la Sardegna».

La demografia è stata analizzata applicando il teorema delle probabilità di Bayes. Gli scenari proposti erano tre: continuità, discontinuità e mescolanza. Lo scopo era stabilire se questi individui fossero i progenitori degli attuali sardi e, in caso positivo, in quale percentuale. Il risultato ottenuto porterebbe ad escludere con quasi assoluta certezza una parentela tra i sardi del Mesolitico e i sardi moderni. Questi ultimi, quindi, sarebbero portatori di un’impronta genetica che non apparterrebbe ai primi abitanti dell’isola ma a individui provenienti dal continente durante onde migratorie successive. Dunque questo studio, sebbene limitato al DNA trasmesso in linea femminile, proverebbe che i primi abitanti della Sardegna fossero portatori di geni diversi dalle linee matrinileari attuali.

A questo punto è il caso di porsi qualche domanda. Cosa ha provocato, nel 10° millennio a.C., la frattura genetica tra la popolazione sarda mesolitica e quella moderna? E’ possibile che una combinazione di eventi catastrofici abbia spazzato via, in modo pressoché definitivo, i più antichi abitanti dell’isola? E’ credibile che queste popolazioni siano state investite da quei cataclismi narrati nei miti del diluvio universale o fossero il popolo scomparso di Atlantide, testimoniato anche negli antichi Testi di Edfu?

E’ proprio la scienza che oggi ci viene incontro per aiutarci a decifrare, in maniera sempre di più credibile, la storia di popoli prima vissuti, poi sterminati dalla forza della natura e, infine, negati. Ad maiora!

Fonte: Modi A. et al., Complete mitochondrialsequences from Mesolithic Sardinia, Sci. Rep. 7, 42869; doi: 10.1038/srep42869 (2017).

(Yoda - 10 aprile 2017)